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lunedì 9 febbraio 2009

American Psycho - Mary Harron

Mi sono avvicinata a questo film con grande interesse, un po' perchè affascinata dai film che trattano la psicologia criminale, un po' perchè curiosa di vedere la trasposizione cinematografica di uno dei libri che nel 1991 aveva scioccato l'America. "American Psycho" è un thriller, datato 2000, diretto da Mary Harron, ispirato all'omonimo romanzo di Bret Easton Ellis e interpretato da un Christian Bale agli inizi della carriera. Forse perchè vi ho riposto troppe aspettative, ma il film non mi entusiasmato nè scioccato quanto, forse, avrebbe dovuto.

Siamo negli anni '80, Patrick Bateman (Christian Bale) è uno yuppie americano; a soli 27 anni, è un pezzo grosso di Wall Street, aspira alla vice-presidenza della sua compagnia, e ha una vita fatta di locali alla moda, appartamenti nella Manhattam più esclusiva, e donne attraenti. Ha tutto quello che si può desiderare. Ma di notte, la follia che lo attanaglia, e che tiene a bada durante tutta la giornata, schizza fuori, portandolo a commettere gli omicidi più violenti. Le sue vittime non hanno caratteristiche precise: principalmente donne, ma non disdegna cani, senza tetto e persino colleghi, quando suscitano la sua totale invidia, come il malcapitato Paul Allen (Jared Leto). Quando il detective Donald Kimball (il sempre ottimo Williem Dafoe), indaga sulla scomparsa del collega, il nostro Patrick inizia a perdere colpi, s'innervosisce. La sua follia raggiunge l'apice. Una sera inizia a sparare per le strade di Manhattam; si rifugia nel suo ufficio, dal quale chiama il suo avvocato, e confessa a una segreteria tutti i suoi omicidi; il giorno successivo, Patrick incontra l'avvocato che archivia la telefonata come una divertente trovata, visto che ha pranzato con Paul Allen... The end.

Partiamo proprio dal finale: in una sola parola, deludente. E forse anche inconcludente. Cercando una spiegazione più profonda, credo che l'obiettivo fosse quello di esaltare un tema ricorrente del film: l'anonimato dei suoi protagonisti. Ogni yuppie sembra identico all'altro nel suo abito firmato e nella sua pettinatura perfetta e infatti spesso il protagonista viene confuso con qualcun'altro. Lo stesso avvocato, che Bateman incontra dopo la telefonata-confessione, lo scambia per un suo collega. Gli omicidi del protagonista sono lasciati impuniti perchè è impensabile che un uomo, all'apparenza, perfetto possa trasformarsi in un folle psicopatico e perchè chiuque potrebbe essere al suo posto.
Il grande merito di questo film è la descrizione di una classe sociale in un momento preciso, i giovani rampanti di Wall Street negli anni '80. Ogni elemento è curato nei minimi dettagli per rappresentare il fenomeno dello Young Urban Professional: l'appartamento monocromatico del protagonista, i vestiti firmati, l'avvento dei compact disc, gli avvistamenti di Donald Trump, la cocaina.
Quello in cui, invece, fallisce è la costruzione psicologica del serial killer; sono tanti gli esempi cinematografici in cui la psicologia criminale è l'elemento portante della sceneggiatura, ogni cosa ha un perchè, ogni vittima è una pedina di un gioco ben studiato. In American Psycho questo non accade e se lo fa, lo fa solo a tratti. Inoltre la violenza e la crudeltà di Bateman che hanno reso celebre il romanzo, diventano, alcune volte, così esagerate nel film da sfiorare quasi il genere splatter (la scena di lui nudo che corre con la sega elettrica mi ha fatto ridere).

Anche se il film poggia su una sceneggiatura a tratti discutibile e su un finale incerto, il motivo per cui vale la pena vederlo è l'interpretazione di Christian Bale. Uno psicopatico di alto livello, nella parte è semplicemente perfetto. In due scene è sublime: nell'uccisione di Paul Allen (vedi la gestualità prima del massacro e il suo collegamento con la musica) e nel crollo durante la telefonata-confessione al suo avvocato. Giudicate voi...









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