Per chi non ama fare il cinema ma guardarlo, per chi piange in sala e ride in salotto, per chi vorrebbe tanto capire Kubrick ma non ci riesce. Dall'idea di due ignoranti di cinema, privi di pregiudizi di genere, ironici e dinamici, affiancati da fidi collaboratori, un blog per tutti i gusti di ogni cinefilo medio di questa terra.
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sabato 30 gennaio 2010

Avatar - recensione

Uscito solo una settimana fa ha sbancato i botteghini arrivando ad eguagliare in guadagno quasi Titanic ( da notare che i film in questione sono dello stesso regista!).
Avatar c'è chi lo ama e chi lo odia, chi ne è rimasto affascinato chi ne è rimasto deluso al punto da paragonare i personaggi di uno strano colore blu ai ben più noti e infantili Puffi, e chissà che James Cameron non si sia realmente ispirato a quel simpatico cartone animato, infondo di rispetto naturalistico si parla.

Ma dico io vogliamo riconoscere a questo film un'innata innovazione? E' il primissimo film in 3D ad utilizzare nuove macchine da ripresa con tecnologia real 3D, e basterebbe questo a far passare alla storia un film, vogliamo pensare alla Storia del Cinema? Le prime scoperte? i primi passaggi fondamentali che sono tutt'ora nei più bei libri della Storia del Cinema?
Pensiamo alla lanterna magica da cui tutto ebbe inizio, passando per il kinetoscopio di Edison, ma per farla breve e più semplice ai non studiosi di cinema, basti pensare al passaggio dal cinema muto al sonoro, al bianco/nero al colore.

Direi che anche solo per l'innovazione possa essere un'ottima giustificazione per catalogare Avatar tra i film evento del 2010.

James Cameron non si è però fermato a questo, lo studio dettagliato di tutti i piani sia dal punto di vista delle inquadrature, sia alle scelte metaforiche come i colori, basti pensare alla luce cupa e tetra che rappresenta la parte umana, " gli invasori", coloro che non contenti di aver distrutto la propria TERRA MADRE si arrogano il diritto di rovinare un altro ecosistema, decisamente in contrasto con i colori più vivi e luminosi del popolo Na'vi, che sono entrati in estrema sintonia con la natura.

La trama di per se potrebbe essere banalizzata e semplificata ma anche qui c'è molto di più, la sofferenza umana di un ragazzo che ad un certo punto confonde la realtà con il sogno, la riscoperta delle proprie origini e quindi un ritorno alla MADRE TERRA. Un andare oltre le apparenze, ma provare ad entrare in sintonia anche con ciò che è molto diverso da noi, magari proprio provando ad immedesimarsi con altre culture.

Direi che è un film che trasmette molti messaggi ma lo fa con una semplicità sconcertante e forse lo si apprezza di più a qualche giorno di distanza.

James Cameron anche sta volta non mi ha tradita!!

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giovedì 14 gennaio 2010

La casa degli spiriti - Billie August

Stanca del paragone libro vs film, dove sempre e comunque il primo ne esce vincitore, decido di partire da un diverso presupposto: il paragone è impari. Perchè un libro ha l'arma profonda della scrittura che può spaziare in lungo e in largo, scavando nei personaggi, nella loro psiche, nei paesaggi e nei tempi. E lascia il compito di disegnare alla nostra immaginazione le immagini e i suoni di una storia scritta. In un paio d'ore il cinema, se pur con la forza e la dirompenza della visione, non può vincere contro la magia di un libro.


Ecco perchè non posso bocciare la trasposizione cinematografica de "La casa degli spiriti", opera prima di Isabel Allende. Trattandosi di un epopea familiare che racconta più di cinquant'anni di storia di una miriade di personaggi immersi nella storia cilena, è difficile pretendere di poter rendere tutto in chiave filmica. E' necessario tagliare, sintetizzare, semplificare. Ma questo non vuol dire che il film non riesca a cogliere l'essenza dei suoi punti più importanti. La descrizione imponente del protagonista maschile, Esteban Trueba che la Allende ha meravigliosamente creato in pagine e pagine di romanzo, nella pellicola emerge con decisione dallo sguardo sempre ardente di Jeremy Irons; il suo essere un rude dittatore nella vita pubblica come nei sentimenti, la sua ideologia conservatrice che si scontra con i cambiamenti della storia, quell'orgoglio e quella ricerca disperata di compresione sono intuibili in ogni gesto e in ogni espressione dell'attore. La protagonista femminile, invece, è una Meryl Streep che danza in una dimensione parallela, fatta di spiriti, tavolini che fluttuano sul soffitto, rafforzata da mutismi e addolcita da sorrisi. Gli altri due protagonisti più giovani sono interpretati da Winona Ryder e da Antonio Banderas, che fanno della loro recitazione ancora acerba il veicolo migliore per una storia d'amore impossibile. Le vite dei due giovani sono quelle maggiormente segnate dai gravi eventi della storia e della politica cilena, dall'elezione di Salvador Allende (parente della scrittrice) al colpo di stato di Pinochet. E' proprio questo che lascia stupiti: il libro in primis ma anche il film sono una sintesi esatta della mescolanza di realtà diverse; c'è il reale nella sua forma più estrema (la storia) e c'è l'irreale, il metafisico con i suoi spiriti che insieme si cercano e si trovano. Ogni cosa che nel libro è forza, evidenza, nel film è solo accenno, impressione, ma non vuol dire che valga di meno. Basta solo lasciare un po' spazio all'immaginazione: scavare negli occhi di Jeremy Irons, indagare gli spiriti della Streep, decifrare quei gemiti di Glenn Close. E lasciarsi trasportare a San Lucas, nella tenuta della Tre Marie, nella Casa dell'Angolo, in un America Latina viva come non mai.

Da non perdere entrambi.


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